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Razzismo e calcio

Quale significato hanno le manifestazioni di razzismo nel calcio? Fanno parte del "dramma" rituale della partita, sono cioè una delle armi con cui i gruppi organizzati sostengono la "battaglia" combattuta dagli in campo? O sono invece manifestazioni di disagio sociale? O infine sono manifestazioni di razzismo pienamente ideologico, perseguite sistematicamente da gruppi politici estremisti che hanno scelto lo stadio come terreno di crescita?
I libri di Bromberger ed Elias su sport, calcio e tifo

LA PARTITA COME DRAMMA. Il calcio è un rituale sociale che sostituisce la guerra. Permette alle masse di incanalare l’aggressività in forme civilizzate non distruttive, vivere un forte senso di appartenenza a un gruppo che si contrappone a un gruppo avversario, e vivere lo scontro anche in termini accesi senza sfociare nella violenza – ma con un equilibrio che trascende i limiti e i divieti vigenti in tutte le altre situazioni sociali, un equilibrio che rischia sempre di avvicinarsi alla violenza, nel momento in cui il rituale la esorcizza. È quello che è stato chiamato lo “scatenarsi controllato delle emozioni” (Elias).
È all’interno di questo rituale che sono di fatto tollerate, all’interno delle stadio, manifestazioni simboliche di aggressività che altrove sono assolutamente vietate, e fra queste anche gli insulti agli avversari, e fra questi anche gli insulti razzisti. Il tifo da stadio esprime tutto il “politicamente scorretto” che fuori dallo stadio non si può manifestare. È poco civile ma è liberatorio. Ne dobbiamo concludere che il razzismo allo stadio non è vero razzismo, che è in un certo senso innocuo perché rientra in un rituale codificato, perché è contenuto entro uno spazio trasgressivo di cui la società ha bisogno?

RAZZISMO RITUALE? Alcuni sociologi, tra cui Bromberger, hanno sostenuto che i cori razzisti allo stadio, gli striscioni razzisti, gli insulti razzisti, le banane gettate in campo, non sono vero razzismo, perchè rientrano nel rituale della “partita come dramma”, cioè nel tifo come battaglia combattuta sulle curve a sostegno dell’una o dell’altra squadra, una battaglia secondaria parallela alla battaglia primaria che stanno combattendo le due squadre sul campo di gioco. Il tifo ha lo scopo di dare forza alla propria squadra e di togliere forza (demoralizzando, minacciando, insultando) alla squadra avversaria e alla tifoseria avversaria, identificate come nemici. In guerra non si può andare tanto per il sottile, tutti i mezzi sono buoni. Gli ultras che urlano insulti anche razzisti nelle curve - dicono i sociologi convinti dell’analisi della “partita come dramma” - non sono necessariamente razzisti nella vita, anzi normalmente non lo sono. Una riprova sarebbe nel fatto che i giocatori di colore avversari sono insultati, ma i giocatori di colore della propria squadra no, anzi sono sostenuti e difesi (veramente ci sono anche molti casi di insulti e boicottaggio a giocatori di colore della propria squadra).

RAZZISMO SOCIALE? Oppure i cori razzisti e comportamenti simili allo stadio sono vero razzismo? Sono un vero razzismo sociale, espressione di una ostilità maturata soprattutto negli strati bassi della società, contro gli immigrati visti come pericolosi concorrenti per i posti di lavoro di basso livello, offerti a costo più basso, concorrenti per trovare una casa in affitto con agevolazioni sociali, ecc. ecc.? Una ostilità sociale che si trasforma in invidia e odio verso i calciatori di colore, ricchi e con una posizione sociale alta, mentre i neri dovrebbero stare in fondo alla scala sociale? Per verificare se sia questa la spiegazione del fenomeno, bisognerebbe disporre anzitutto di una analisi sociologica dei tifosi, di cui invece non disponiamo. Ma, per quanto ne sappiamo, non sembra affatto vero che i tifosi ultras siano tutti sottoproletari; sembra invece che siano piuttosto gruppi di estrazione sociale composita.

RAZZISMO POLITICO? Infine, poiché spesso le manifestazioni di razzismo allo stadio si accompagnano a messaggi e simboli neofascisti o neonazisti, il fenomeno è forse riconducibile a motivazioni politiche? In che misura si può spiegare come ostilità sociale che può sfociare in rozze simbologie di estrema destra, e in che misura invece si tratta di un fenomeno messo in moto da militanti neofascisti, che perseguono in modo del tutto consapevole campagne di propaganda sul facile terreno del razzismo allo stadio? Per arrivare a capire quale di queste tre ipotesi – razzismo rituale, razzismo sociale, razzismo politico - sia la più giusta, cercheremo di studiare i dati disponibili sugli episodi di razzismo nel calcio negli ultimi 14 anni.


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