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Dentro alla partita

Con episodi di razzismo "dentro alla partita" intendiamo qui episodi che si manifestano dentro la partita come "battaglia rituale" (Bromberger), contro i giocatori o contro la tifoseria della squadra avversaria - sia che si tratti di manifestazioni genericamente razziste sia che si tratti di manifestazioni di razzismo con connotati politici. È evidente che si tratta di episodi molto diversi tra loro, che richiedono una diversa interpretazione.
Foto di due striscioni: uno chiaramente neonazista, l'altro senza chiari connotati politici

RAZZISMO NEL RITUALE DELLA PARTITA. Secondo Bromberger, gli episodi di razzismo e di violenza che si verificano dentro il rituale della partita sono da ricondurre indistintamente alla logica partigiana del gioco, per cui - nella partita di calcio intesa come rito sociale - si verificherebbe un allentamento dei freni inibitori e uno "scatenamento controllato" delle emozioni: lo stadio diventerebbe quindi un ambiente favorevole anche all'emergere del pregiudizio razziale e di conseguenza al manifestarsi dell'offesa razzista.

DIVERSI TIPI DI RAZZISMO. Tuttavia, l’offesa razzista può essere interpretata come gesto da contestualizzare all’interno di questo rituale solo se è, appunto, interna a questo rituale: cioè solo se si dà all’interno della partita ed è priva di connotati politici. Quindi gli insulti genericamente razzisti (cori e striscioni) contro giocatori avversari possono forse essere interpretati alla luce della teoria di Bromberger - ciò non significa, naturalmente, assolvere o minimizzare gesti che restano comunque razzisti e per questo inaccettabili; invece gli episodi con chiari connotati neofascisti e neonazisti non rientrano in alcun modo nella logica della partita come rituale.

STADIO COME CASSA DI RISONANZA. Semmai, i responsabili di questi ultimi episodi sfruttano il contesto rituale della partita, libero dalle regole che valgono nel resto della vita sociale, per esibire simboli politici “impresentabili” e lanciare insulti razziali proibiti tanto dalle comuni norme del vivere civile quanto dal codice penale. Poi, una volta che i simboli politici “impresentabili” sono stati esposti e l’insulto razziale è stato gridato – e questo è avvenuto, in origine, a opera di “tifosi” perfettamente consapevoli di cosa stanno facendo e a che scopo – molti tifosi comuni raccolgono attivamente il messaggio amplificandolo. Il contesto della battaglia rituale “noi contro loro” fa sì che, dopo il primo coro, i successivi si ingrossino della voce di molti o moltissimi tifosi comuni che agiscono in modo semi-inconsapevole, per imitazione, sentendosi legittimati dalla logica rituale del “noi contro loro”.

PER CONCLUDERE. Non tutte le manifestazioni di tifo razzista hanno lo stesso valore e significato: c’è una graduazione da chi evoca i forni crematori e i cappi per impiccare i neri, a chi urla “semplici” insulti razzisti, a chi si sente solo di fare “buuu”.


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